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sabato 8 giugno 2013

NON PIANGERE


+ Dal Vangelo secondo Luca


In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. 
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, alzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. 
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 
Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.

Parola del Signore


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Il corteo funebre avanza,  nessuno chiede nulla a Gesù, forse neppure si accorgono di Lui, assorti nel loro dolore. Di certo, nessuno gli domanda di compiere un miracolo. I discepoli si fermano in silenzio, in segno di rispetto.In genere Gesù non si dimostra desideroso di compiere miracoli: le folle vorrebbero di continuo vedere nuovi prodigi, segni grandiosi, eventi incredibili, mentre lui preferisce evitare, non desidera farsi notare, non vuole gli applausi. Tante volte, leggiamo che la folla lo cerca attratta dai miracoli e subito Gesù si allontana, si nasconde, quasi scappa di fronte a questo desiderio di straordinario che sembra insaziabile tra la gente.
Perché allora, questa volta, non scappa ma si fa avanti, ferma il corteo funebre e si rivolge alla mamma del defunto? L'evangelista Luca lo spiega così:" fu preso da grande compassione"questa volta è proprio il  Signore che prende l'iniziativa. Ferma la folla che sta avanzando lentamente e si rivolge alla mamma del ragazzino: "Non piangere!"
Quella donna non gli aveva rivolto neppure una parola, non ha nemmeno la forza per domandare qualcosa. Non fa certo caso a chi c'è intorno, ma è il giovane Rabbi che le si avvicina e le parla.
Gesù sente una tale compassione per questa mamma in lacrime, che non riesce a resistere, non può fare a meno di intervenire. Il dolore di questa donna diventa suo, e sente il bisogno di confortarla in ogni modo.


Dinanzi al dolore straziante della morte c'è ben poco da dire e, spesso, da chiedere il dolore ci chiude alla  vita.....Gesu' sa cos'è  il dolore ,sa cosa significa e ancor prima di rivolgerci a lui  Lui è con noi,anche se non ce ne accorgiamo...e ci restituisce alla vita, al  futuro che sembrava perso.



COMPASSIONE

com-pas-sió-ne

dal latino: [cum] insieme [patior] soffro.

Nei secoli, la parola compassione prende forma sul concetto di pietà - una pietà che è quasi disprezzo. Eppure la sua radice, il significato originale dei suoi componenti è tanto più nobile, di respiro ,tanto più ampio. La compassione è la partecipazione alla sofferenza dell'altro. Non è un sentimento di pena  ma  un tipo di amore incondizionato che strutturalmente non può chiedere niente in cambio.Non toglie, ma aggiunge vita
E' la testa di ponte per una comunione autentica non solo di sofferenza, ma anche -e soprattutto- di gioia vitale, e di entusiasmo.




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