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domenica 18 agosto 2013

L'AVE MARIA....


Non bisogna solo recitare le preghiere ma capirle, altrimenti prendono il sapore di un guscio vuoto, di parole dette al vento. Non mi piace pensare alla loro ripetizione meccanica  che può facilmante sfociare nel devozionismo o nella superstizione.
Solo immergendoci nelle parole delle preghiere e nel loro significato,possiamo raccoglierne davvero i frutti





L' "Ave Maria" è  la storia di una tipica "chiamata" di Dio e delle sue conseguenze.


Il saluto dell'Angelo, che porta gioia (kàire, rallegrati)
L'annuncio dell'Opera della Salvezza e della Grazia
L'assicurazione della Presenza di Dio, del Suo favore e di ciò ch'Egli compie
La benedizione come donna
La benedizione del frutto del grembo di cui è fatto il Nome
Nell'invocazione 'Madre di Dio' c'è il duplice riconoscimento sia dell'Incarnazione che della Divinità di Gesù, vero Dio e vero uomo
La richiesta d'intercessione : è anche la nostra Madre (le parole di Gesù sulla Croce)
Il riconoscerci peccatori
L'estensione della preghiera da ogni momento presente a quello supremo del nostro 'passaggio'...

L'Ave Maria è in gran parte composta da brani della Scrittura 
e questa la rende ,già di per se, solenne e radicata  nella Tradizione. 
Ma non è certo questo il suo pregio principale.


Dal Vangelo di Luca (1, 26-38)
L’annuncio dell’angelo trova una creatura completamente aperta e consapevole di quanto le viene annunciato: è una ragazza ebrea, e proprio in quanto tale, la sua spiritualità, la sua vita sono intrise di dialogo col suo Signore e di attesa.
Dopo il saluto dell’angelo: “Rallegrati (il verbo della gioia messianica), o piena di grazia, il Signore è con te”, a differenza di Mosè, Maria non discute, non mostra dubbi o perplessità; rimane “turbata”, entra cioè in un profondo atteggiamento di “timore” nel senso di venerazione e rispetto alla Presenza di Dio e con semplicità “si domanda che significato abbia tale saluto”.La fanciulla figlia di Sion sa già che la stessa formula “il Signore è con te” è densa di implicazioni forti e coinvolgenti. Quando l’angelo le rivela “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo Regno non avrà fine”, Maria sa bene cosa significa quel che le viene detto e, dimostrando di essere in dialogo con il suo Signore nel quale ha da sempre riposto tutta la sua fiducia, dialogo pieno di intelligenza e di confidenza, chiede soltanto il “come” il Signore avrebbe operato.
È, insieme, un segno di grande consapevolezza e disponibilità a collaborare al meglio, in totale fiducia, sapendo che alla sua povertà di creatura supplisce la Grazia immensa del Signore. Ed ecco la sua risposta attraverso la quale inizia l'introduzione dell’umanità nel Regno, nella “creazione nuova”, che troverà il suo compimento nell’ottavo giorno, il primo dopo il sabato (Giovanni 20,19), il giorno della Risurrezione: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”, che ribalta per sempre un tragico antico “non serviam”..(-Non voglio più servire!- Ger.2,20)

La storia
L’ Ave Maria, chiamata anche Salutazione Angelica, consta di tre parti ben distinte: la prima parte riguarda il saluto dell’Angelo così come lo riporta il Vangelo di Luca 1, 28: “Ti saluto, o piena di grazia il Signore è con te” . Già nel II secolo ne vennero tracciati i primi graffiti tuttora visibili a Nazareth, Kaire Maria, rallegrati Maria.
Troviamo poi l’esclamazione di Santa Elisabetta: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo” sempre in Luca capitolo 1, 42. I due saluti sono stati riuniti in una stessa preghiera nel IV o V secolo, in particolare nelle liturgie greche dette di san Giacomo, di san Basilio e di san Marco che, dopo la parola «Ave», inseriscono il nome di Maria. Le Chiese d'Oriente aggiungono assai presto a questo primo saluto: «perché hai generato il Salvatore delle nostre anime».
La restante parte della preghiera, chiamata petizione, sembra sia stata adottata per la prima volta dall’Ordine dei Mercedari nel 1514 che, nel loro Breviario, inserirono la restante parte della Salutazione che tutti noi conosciamo: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte”. L’aggiunta del nome di Gesù come completamento dell’esclamazione di Santa Elisabetta (“benedetto il frutto del tuo seno [Gesù]”) viene di solito attribuita al papa Urbano II anche se non esistono certezze storiche a riguardo.
La prima parte dell' Ave Maria entra nella liturgia latina nel VI secolo, nell'antifona offertoriale di una Messa d'Avvento attribuita a Gregorio Magno. Diventa una preghiera più personale nel VII secolo, ma il suo uso al di fuori della liturgia resta raro fino al 1198.
Un po' alla volta nasce, dunque, il bisogno di completare questo saluto con una supplica o una preghiera. E molti lo fanno, liberamente, spontaneamente. Così san Bernardino da Siena, prima del 1440, in un sermone che conclude con l'Ave, scrive: «E io non posso impedirmi di aggiungere: Sancta Maria ora pro nobis peccatoribus, Santa Maria prega per noi peccatori!». Già un breviario certosino del XIII secolo aggiungeva: «Sancta Maria, ora pro nobis, Santa Maria prega per noi». Verso il 1500, infine, molti breviari in differenti luoghi d'Europa (Francia, Italia...) aggiungono: «Ora e nell'ora della morte. Amen!». E nel 1568, il papa Pio V prescrisse ai sacerdoti di iniziare la recita del breviario con il Pater e l' Ave nella forma che utilizziamo oggi.
La prima parte dell' Ave Maria entra nella liturgia latina nel VI secolo, nell'antifona offertoriale di una Messa d'Avvento attribuita a Gregorio Magno. Diventa una preghiera più personale nel VII secolo, ma il suo uso al di fuori della liturgia resta raro fino al 1198. Infatti le prime celebrazioni della Vergine sono strettamente legate alla festa della nascita di Cristo, nonché al periodo che lo precede, l'Avvento. A Roma, all'inizio del VII secolo, il mercoledì ed il venerdì delle Quattro Tempora di dicembre portano già come vangelo il racconto dell'annunciazione e della visitazione. Come antifona di offertorio alle messe del mercoledì delle Quattro Tempora e della festa dell'Annunciazione troviamo la seguente:
Ave Maria gratia plena.
Benedicta tu in mulieribus
et benedictus fructus ventris tui.
A partire dal secolo VII troviamo molto spesso la prima parte dell'Ave Maria, il saluto angelico, nella preghiera liturgica al di fuori della Messa: ad esempio, come responsorio dell'ufficio corale nella vigilia del Natale e per la festa di Ognissanti.

"Vergine Madre, figlia di tuo figlio"
Quando ci 'immergiamo' nell'Ave Maria (perché la preghiera è immersione nelle parole che diciamo ), sappiamo a Chi ci stiamo rivolgendo e ripercorriamo  la storia della Salvezza, che è anche la nostra Storia-con-Dio.
Nella seconda parte, quando pronunciamo "Madre di Dio", in due sole parole riconosciamo una realtà incommensurabile:   la nostra 'confessione' del credere e proclamare che Maria è la Madre di Dio, Colui che abbiamo appena benedetto come frutto del suo seno  è anche Dio, incarnato nella persona di Gesù. Vero Dio oltre che vero uomo, perché nato da Donna, intessuto nel suo grembo e assoggettandosi ai ritmi naturali di ogni uomo.
Solo questo può bastare ad 'accendere' il cuore,  solo parlando  di queste verità di Fede che l'Ave Maria custodisce come uno scrigno stupendo, può bastare per rendere questa preghiera infinitamente..... "piena" (non riesco a trovare altro termine)


Come si fa a  "banalizzare"  l'Ave Maria  rendendola così  spesso stereotipata e ripetitiva?










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